La Congrega, come laboratorio artigiano si occupa anche di restauro operando su materiali tessili antichi per commissioni pubbliche e private. Il lavoro di restauro spesso rimane un lavoro “a porte chiuse” ma a noi piace raccontarvi tutto, recentemente abbiamo restaurato un succo d’erba dalla storia particolare, legato ad un arazzo di una villa molto lontano da qui.
Arazzo e succo d’erba, la storia
Arazzo e succo d’erba, queste due parole sembrano non avere niente in comune, in realtà la storia del succo d’erba è strettamente legata a quella degli arazzi.
Conosciuto anche come “panno istoriato”, l’arazzo si identifica come un tessuto, in cui i fili della trama (quelli orizzontali) coprono interamente quelli dell’ordito (quelli verticali) formando disegni e figure.
Il disegno era prima realizzato su un “cartone”, spesso commissionato ad artisti molto importanti (per esempio Il Museo Diocesano di Ancona ospita un ciclo di quattro arazzi realizzati su cartoni di Rubens), se un cartone aveva particolarmente fortuna potevano essere realizzati più esemplari di uno stesso arazzo.

Il processo di produzione di un arazzo era molto complicato e costoso soprattutto tra il XVI e il XVII secolo quando la tela di lana viene sostituita dalla tela di seta e vengono aggiunti tra i filati l’argento e l’oro, il prodotto finale era una tela costosissima che oltre a decorare, isolava termicamente e acusticamente gli ambienti.
Il succo d’erba nasce come alternativa all’arazzo: il disegno del cartone preparatorio non viene tessuto, ma “dipinto” facendo assorbire alla tela ( spesso un cannellato di seta) diversi pigmenti vegetali, il risultato è una resa pittorica simile all’acquarello che fu molto di moda durante il XVIII secolo.
I pigmenti naturali venivano diluiti con allume e succo di limone, elementi che avevano la funzione di fissativi e che garantivano la vividezza e la luminosità dei colori.

Il disegno preparatorio veniva impresso sulla tela praticando forellini sul cartone e poi spolverandoli di nerofumo, in questo modo il pigmento nero si poggiava sulla tela seguendo le linee del disegno.
Il colore veniva steso più e più volte il modo che il tessuto assorbisse completamente il pigmento; le materie prime dal quale si ricava il colore erano le più disparate, guado, mallo di noce, zafferano ( il colore ricavato era lo zaffrone), un ingrediente ricorrente era il sugo di cavolo: una purea di foglie di cavolo alla base di moltissime tinte fredde.
I succhi d’erba in alcuni casi sono stati usati come arazzi “sostitutivi”: gli arazzi, dato il loro costo altissimo venivano usati durante le occasioni più importanti, mentre nella quotidianità il succo d’erba che riportava lo stesso motivo figurativo dell’arazzo, prendeva posto nelle pareti delle case del ceto più benestante.

Il succo d’erba che abbiamo restaurato ha una storia incerta, ma non per questo meno affascinante.
La scena raffigura una scena di caccia di Enea ed è una copia del XVIII sec. di un arazzo del Cinquecento commissionato dalla famiglia Colonna ad un’ arazzeria di Bruxelles e che poi a causa dei travagliati passaggi di proprietà di queste opere è finito a villa Whitaker a Palermo.
È verosimile che il succo d’ erba possa esser stato commissionato per sostituire un ciclo di arazzi come quello di Palermo, ma il bello di queste opere è anche nella loro storia un po’ misteriosa.
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